La collezione della Fondazione Sicilia a villa Zito


Il percorso espositivo di villa Zito si snoda attraverso dieci sezioni che esplorano artisti e movimenti sin dai primi anni del Seicento. Mattia Preti, uno dei protagonisti di quest’epoca, lavorò per numerose committenze siciliane, realizzando opere come Cristo e la Samaritana e Mosè fa scaturire l’acqua, entrambe presenti nella collezione. Insieme a lui, Luca Giordano, Francesco Solimena e Salvator Rosa sono illustri personaggi di un periodo di grande raffinatezza e magnificenza dell’arte napoletana.

Al vedutismo settecentesco si collegano le opere di Francesco Zerilli, Carl Werner e Johann Jacob Frey, che ambientano paesaggi e architetture antiche, a volte in rovina, in contesti spesso fantasiosi, invitando alla scoperta di località italiane, soprattutto del sud della penisola, che diventano meta dei viaggiatori che seguono gli itinerari del Grand Tour. Tali testimonianze anticipano la grande elegia della pittura di paesaggio declinata attraverso le differenti interpretazioni dei siciliani Francesco Lojacono, Antonino Leto, Michele Catti, Ettore De Maria Bergler. 

 




Tra i protagonisti del periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento si collocano Giovanni Boldini, uno dei personaggi più eccentrici dell’epoca, e il siciliano Aleardo Terzi, autori di ritratti femminili affascinanti e seduttivi. Nella stessa sezione, l’opera Tempio buddista a Bangkok del pittore e ceramista toscano Galileo Chini costituisce l’espressione di un’adesione allo spiritualismo, condizionato dalle discipline orientali e dalla Teosofia, che apporterà una maggiore intensità alla sua produzione. E, ancora, tra i tanti artisti della collezione, le cui opere provengono in parte da donazioni private, si annoverano Giovanni Fattori, Camillo Innocenti, Manlio Giarrizzo, Ottone Rosai, Filippo De Pisis, Fausto Pirandello, Renato Guttuso. Una sezione è, infine, dedicata a Pippo Rizzo, considerato uno dei più geniali protagonisti delle arti figurative del secolo scorso, che, intorno agli anni Cinquanta, approda ad un registro particolarmente fantasioso che attinge ad una sicilianità che recupera tradizioni, elementi botanici e cromie del territorio.