Palazzina dei Quattro Pizzi all'Arenella

4b Discesa Tonnara Palermo

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L’acquisizione della tonnara dell’Arenella da parte di Vincenzo Florio sr. avvenne nel 1829, mentre i lavori per la realizzazione della palazzina dei Quattro Pizzi si protrassero dal 1840 al 1844. La struttura, nel suo complesso, venne poi spesso indicata come una delle residenze abituali della famiglia Florio. Tuttavia la mancanza di fonti specifiche non ci consente di sostenere o confutare la suddetta tesi. Probabilmente, ha maggiore fondamento l’ipotesi di un utilizzo saltuario del complesso da parte della famiglia che vi si recava in compagnia di ospiti illustri desiderosi di assistere alla mattanza. 

Lo schema planimetrico di fondo, oggi, risulta sostanzialmente invariato: una conformazione a baglio delimitato da quattro muri perimetrali interrotti dai due ingressi (lati ovest e sud). Nell’angolo sud- ovest, si trova la cappella dedicata a S. Antonio da Padova, oggi sconsacrata, che nel 1931 ospitò le nozze di Vincenzo Florio jr. e Lucie Henry che abitarono la tonnara a partire dagli anni successivi. Nell’angolo nord-orientale si colloca l’ex mulino a vento per la lavorazione del sommacco. Su questo lato si allungava una terrazza panoramica. La palazzina, fabbrica in stile neo-gotico inglese realizzata su progetto dell’architetto padovano Carlo Napoleone Luca Giachery, è un padiglione su due livelli; essa sorge nell’angolo meridionale della tonnara e presenta una pianta quadrangolare definita esternamente da quattro torri ottagonali terminanti in guglie piramidali. Al piano terra sono presenti due ambienti rettangolari dai quali è possibile accedere al primo piano attraverso una scala interna, all’epoca probabilmente una scala di servizio. L’accesso principale, verosimilmente, si trovava al primo piano attraverso un portale incorniciato da un arco in pietra a sesto acuto che apre l’ingresso al grande salone interno. 

La questione relativa all’apparato decorativo della volta del salone rimane ancora aperta sebbene nella memoria degli eredi, i Paladino Florio, risulti legata alla presenza di due figure: Salvatore Gregorietti ed Emilio Murdolo. È lecito, effettivamente, ipotizzare che le pitture, un eclettico pattern realizzato a tempera che ricalca probabilmente l’iconografia della sala di Ruggero II al Palazzo Reale di Palermo (coppie di animali affrontati tra loro, pavoni, leoni, levrieri, uccelli di diversa specie, incorniciate da un fitto gioco di racemi, volute e arabeschi), siano databili tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta del Novecento e risulterebbe dunque verosimile la mano di Salvatore Gregorietti che realizzò la similare decorazione della volta della stazione ferroviaria Giardini-Taormina tra il 1925 e il 1927. 

Le scene tratte dal repertorio delle Chansons de geste, realizzate all’interno di losanghe e quadrature che spiccano nella sezione centrale della volta, sono riconducibili alla mano di Emilio Murdolo, pittore di carretti bagherese, annoverato tra i primi maestri di Renato Guttuso e operante già negli anni Venti del XX secolo.