Villa Igiea
43 Salita Belmonte Palermo
Villa Igiea rappresenta uno dei più celebri esempi liberty al mondo. La proprietà ove è tuttora ubicata, già appartenuta a sir James Domville e al figlio William Cecil Henry, fu acquisita da Ignazio Florio nel 1899 a nome della Società anonima Villa Igiea. Quest’ultima procedette ad effettuare modifiche che comportarono la demolizione del casino neogotico dei Pignatelli sulle cui rovine fu costruito l’esclusivo Cercle des Etrangers, riservato a membri appartenenti all’élite internazionale. L’edificio centrale, a forma di castelletto, fu progettato da Ernesto Basile, architetto di fiducia dei Florio. Della proprietà faceva parte anche lo stabilimento termale dei fratelli Pandolfo che fu utilizzato come alloggio per i musicisti.
Villa Igiea nacque come sanatorio. Essendo la figlia Giovanna, detta Giovannuzza, affetta da tubercolosi, Ignazio junior e di Franca autorizzarono il professor Vincenzo Cervello, specialista di patologie polmonari, ad impiantare il proprio laboratorio chimico per la sperimentazione del farmaco denominato Igazolo, somministrato attraverso un’apparecchiatura dallo stesso brevettata, il vaporogeno, sui malati ricoverati nelle 180 stanze dell’edificio. Il 14 agosto del 1900 l’edificio risultava ultimato e pronto per essere inaugurato. Ma l’inefficacia delle terapie messe a punto dal professor Cervello portò ad un repentino cambio di destinazione del complesso che fu convertito in albergo di lusso.
L’inaugurazione del Grande Albergo Internazionale avvenne con grande sfarzo pochi mesi dopo, il 19 dicembre dello stesso anno.
Il celebre ciclo pittorico nella sala degli specchi, realizzato da Ettore De Maria Bergler, con la collaborazione di Luigi Di Giovanni e di Michele Cortegiani, sotto la direzione del Basile, è strettamente connesso alla precedente destinazione sanitaria dell’edificio, coniugato con le ricerche estetiche di fine secolo. Scandito nei tre momenti della giornata, Profumo del mattino, Floralia, Profumo della sera, il ciclo allude ai ritmi vitali, alla nascita-morte-rinascita. Floralia, in particolare, diventa metafora della giovinezza, cui segue il declino.
Elementi paesistici si alternano a figure allegoriche, forme femminili sono immerse in un’esplosione di flora lussureggiante fatta di distese di iris e gigli e affiancate da cigni e pavoni. Tutto l’impianto iconografico si rifà ai caratteri propri della tradizione orientale, ad un simbolismo di matrice esoterica che traeva spunto dal pensiero e dall’estetica del Giappone, che ebbe grande diffusione dalla seconda metà dell’Ottocento, noto con il nome di Giapponismo.
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